L’esistenza di fattispecie e sanzioni disciplinari in ambito carcerario è prevista dall’ordinamento penitenziario (legge 354/75 e succ. modifiche, d’ora innanzi, O.P.) e dal regolamento di esecuzione introdotto dal D.lgs. 230/2000.
La riforma dell’ordinamento penitenziario del 1975 ha certamente innovato rispetto alla disciplina precedente, facendo leva anche su un parallelo sistema di ricompense, ma soprattutto orientando la finalità disciplinare a stimolare il senso di responsabilità delle persone detenute, sul presupposto che sicurezza interna e rieducazione siano strettamente connessi e l’ordine interno sia conditio sine qua non per realizzare la finalità rieducativa della pena e l’individualizzazione del trattamento (art. 1 O.P.).
Il tema del procedimento disciplinare è sconosciuto, o meglio in apparenza sconosciuto, perché è questione delicata che coinvolge la vita di migliaia di detenuti, degli operatori e dei magistrati di sorveglianza e può avere conseguenze importanti, anche se non automatiche, in tema di valutazione della liberazione anticipata ex art. 54 O.P. e dei permessi premio ex art. 30 ter O.P.
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